
Chi segue i miei editoriali, in cui spesso rievoco episodi del passato, potrebbe pensare che io abbia avuto un’infanzia felice. In realtà è vero il contrario, ed è proprio per questo che mi piace correre a quegli anni, per pescare istantanee da portare nel presente, con le quali costruire una memoria positiva.
Mi piace collezionare soprattutto episodi legati alle case in cui ho abitato, perché lì, sullo sfondo di cucine Anni ’70, di tinelli che per quanto ero piccola io sembravano sconfinati, di solai in cui mi rifugiavo di nascosto nonostante il divieto della nonna, ho coltivato i miei ricordi migliori.
Spesso mio marito non capisce perché, anziché buttare, io abbia urgenza di conservare oggetti che sono tracce di un’epoca di cui non parlo mai bene, ma la ragione sta proprio qui: portare nel presente qualcosa che ci ha accompagnati anche in tempi non facili è un modo per ridare dignità al passato, per offrirgli una nuova possibilità. Per guarirlo.
Se, come ha mirabilmente detto Elizabeth Strout, la mia scrittrice preferita, i fatti non hanno importanza, sono le storie ad avere importanza, e le storie appartengono a noi e a come vogliamo raccontarle, allora tutto può volgersi al bello se portato in un contesto migliore e guardato con occhi benevoli.
Così, quando ho visto la casa della nonna di Vanessa Pisk, in cui lei ha scelto di conservare un mobile che oggi giudicheremmo imperfetto – e di dargli una nuova storia, ho pensato che certi progetti parlano davvero di aspetti profondi della nostra vita. E che salvare un mobile anche se oggi il suo look suona un po’ ‘strambo’ può avere un effetto miracoloso sul rimettere ordine nel nostro passato. Guarire i ricordi è una delle strade più importanti per vivere sereni. E le case di famiglia, quelle in cui spesso torniamo per le vacanze, sono il punto da cui partire.
Francesca Magni, direttore